La linea che separa arte e design è spesso sfumata. Al cuore di questa distinzione c’è forse una domanda fondamentale: il designer è libero come l’artista? Entrambi mossi da un impulso creativo ed estetico, si distinguono forse negli obiettivi: l’arte come espressione personale e culturale, il design come pratica progettuale e funzionale.
DISCLAIMER: non facciamo l’errore di considerare il design mera funzionalità. Sperimentazione, innovazione ed espressione creativa sono elementi imprescindibili anche nella nostra routine d’agenzia. La tensione tra i due ambiti è reale, e trova una delle sue espressioni più lucide nelle parole di Bruno Munari: “Voglio esprimere la mia individualità senza limiti o voglio aiutare le persone nelle loro attività quotidiane? Voglio creare un pezzo unico o un prodotto seriale?”
Così come l’artista, crediamo che anche il designer possa avere un linguaggio riconoscibile, pur operando in un contesto più pragmatico. Creare un brand, vendere prodotti, promuovere eventi: attività guidate da logiche commerciali che richiedono comunque creatività, cultura visiva e ispirazione.
Se guardiamo al passato, vediamo come molti artisti non lavoravano solo per impulso personale, ma spesso su commissione. Michelangelo dipingeva e scolpiva per la Chiesa. Caravaggio raccontava storie bibliche, rispondendo a esigenze narrative e simboliche imposte dai committenti. Anche allora, l’espressione artistica aveva un perimetro entro cui muoversi. Proprio come oggi, noi designer, lavoriamo dentro i limiti di un brief e di una strategia definita.
Gli sconfinamenti tra arte e design sono numerosi e affascinanti. Salvador Dalí, maestro del surrealismo, disegnò il logo dei Chupa Chups per un amico imprenditore. E chissà con quali input Giorgio De Chirico creò il manifesto della Fiat 1400, coniugando pittura metafisica e comunicazione industriale. Così come Fortunato Depero, esponente del Futurismo, collaborò con Campari, progettando pubblicità, stand espositivi e packaging visionari. Sono proprio questi esempi a mostrarci come il design possa essere un’estensione della visione artistica, applicata alla comunicazione e alla funzionalità.
La domanda che ci poniamo, allora, è: siamo davvero nel territorio della libertà creativa? Sì, ma entro un perimetro che tiene conto di esigenze diverse. È un equilibrio sottile, una sfida quotidiana: dentro i confini di un brief, si esplora, si sperimenta, si reinventa. È proprio questa tensione tra ispirazione e vincoli a generare una forma di arte applicata, in cui il bello non è mai separato dalla funzionalità del risultato finale.
Questa per noi è la chiave del design: trasformare un compromesso in un linguaggio visivo, dove ispirazione e funzione danzano insieme.